06 Ott Se i giovani non fossero vecchi
Gli Ordini Forensi hanno accolto con toni trionfalisti una riforma che favorisce gli avvocati che hanno già una clientela ostacolando l’attività dei giovani che potrebbero insidiargliela.
A predisporla non è stata l’avvocatura ma i suoi vertici, che talvolta usano le risorse dell’ente per acquisire visibilità e la “poltrona” che consente di entrare in quel mazzo dal quale si estraggono sempre cariche ed incarichi.
Così, l’art. 29 della legge 247/2012, incrementandone i compiti, consente agli Ordini di commisurare i contributi degli iscritti alle spese ritenute necessarie mentre la vecchia normativa (art. 7, D.Lgs. Lgt. 23-11-1944, n. 382) li obbligava a fissare la tassa annuale “entro i limiti strettamente necessari a coprire le spese dell’ordine”.
Ovviamente non si contesta l’uso delle risorse ma la discrezionalità con cui gli Ordini possono decidere e che potrebbe essere un’arma per ridurre il numero dei concorrenti. Infatti, è in agguato la sospensione per «coloro che non hanno versato il contributo annuale e che potranno riprendere l’attività solo dopo averlo corrisposto.
Il provvedimento, quindi, incide sui procedimenti in corso e sui rapporti con la clientela.
Peraltro, se l’esercizio professionale è legato al versamento di un contributo, deve ritenersi che l’avvocato non è un lavoratore e che i suoi diritti non possano essere rivendicati avanti ad un magistrato terzo ma siano nelle mani della consorteria.
È un meccanismo molto discutibile sulla cui costituzionalità sarebbe ormai necessario far pronunciare la Corte. Infatti (Tar Lazio 1.07.2015) “Nella ormai consolidata giurisprudenza comunitaria (Corte di giustizia 18.07.2013, C-136/12) e del giudice amministrativo nazionale (Tar Lazio, sez. VI, 1.04.2015, n. 4943; id.16.02. 2015, n. 2688), sono considerate “imprese”, ai fini specifici della tutela della libera concorrenza, anche gli esercenti le professioni intellettuali che offrono sul mercato, dietro corrispettivo, prestazioni suscettibili di valutazione economica (Tar Lazio, sez. I, 11.06.2014, n. 8349; id. 25.02.2011, n. 1757; id. 17.05.2006, n. 3543 e 3.09.2004, n. 8368, Cons. Stato, sez. VI, 22.01.2015, n. 238; Cons. St., sez. VI, 9.03.2007, n. 1099, Tar Lazio, sez. I, 11.03.2005, n. 1809).”
Quindi, l’esercizio professionale non può essere subordinato all’iscrizione all’associazione di categoria così come per avviare un’attività imprenditoriale non è necessario iscriversi a Confindustria.
Soprattutto i giovani dovrebbero meditare a lungo sulla nuova normativa che accentra tutti i poteri nelle mani del CNF e che, per il combinato disposto, è l’arbitro indiscusso del loro futuro.
Ma, purtroppo, sembrano prevalere ancora i replicanti….
Riccardo Cappello
Presidente Agiconsul