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#rassegnaagiconsul Per gli appalti pubblici la giustizia è … a peso d’oro anche per la CGUE

Come si ricorderà un paio di anni fa sono entrati in vigore i nuovi aumenti del Contributo unificato (art. 13, comma 6 bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) i quali, con particolare riguardo ai giudizi di impugnazione in materia di appalti pubblici, sono stati altresì maggiorati di un ulteriore 50% rispetto agli importi (già di per sé elevati) oggetto di aumento (art. 1, comma 27, l. 24.12.2012, n. 228 a decorrere dal 1 gennaio 2013).

Proprio con riferimento a tali maggiorazioni, in occasione di un ricorso giurisdizionale proposto avanti il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, quest’ultimo ha sollevato avanti la Corte di Giustizia U.E. la questione di pregiudizialità comunitaria.

Con la recentissima sentenza del 6 ottobre 2015 resa nella causa C-61/14, la Corte di Giustizia U.E. ha innanzitutto ritenuto che « l’articolo 1 della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di avori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, nonché i principi di equivalenza e di effettività devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che impone il versamento di tributi giudiziari, come il contributo unificato oggetto del procedimento principale, all’atto di proposizione di un ricorso in materia di appalti pubblici dinanzi ai giudici amministrativi». 

In alri termini, per la CGUE l’attuale contributo unificato in materia di appalti pubblici non è discriminatorio, non preclude l’accesso ai ricorsi giurisdizionali da parte delle imprese con minori capacità economico finanziarie, non viola i principi di equivalenza, effettività e celerità del controllo giurisdizionale.

Ma non basta. I Giudici dell’U.E. con la decisione che qui si segnala, si occupano anche dell’altra questione prospettata dal Giudice nazionale di rinvio relativa al cumulo dei contributi nel medesimo giudizio a seguito di proposizione di motivi aggiunti ovvero di ricorso incidentale.

A quest’ultimo riguardo, i giudici dell’U.E. affermano che: «l’articolo 1 della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2007/66, nonché i principi di equivalenza e di effettività non ostano né alla riscossione di tributi giudiziari multipli nei confronti di un amministrato che introduca diversi ricorsi giurisdizionali relativi alla medesima aggiudicazione di appalti pubblici né a che tale amministrato sia obbligato a versare tributi giudiziari aggiuntivi per poter dedurre motivi aggiunti relativi alla medesima aggiudicazione di appalti pubblici, nel contesto di un procedimento giurisdizionale in corso. Tuttavia, nell’ipotesi di contestazione di una parte interessata, spetta al giudice nazionale esaminare gli oggetti dei ricorsi presentati da un amministrato o dei motivi dedotti dal medesimo nel contesto di uno stesso procedimento. Il Giudice nazionale, se accerta che tali oggetti non sono effettivamente distinti o non costituiscono un ampliamento considerevole dell’oggetto della controversia già pendente, è tenuto a dispensare l’amministrato dall’obbligo di pagamento di tributi giudiziari cumulativi».   

Si tratta dell’unico spunto di apertura in una sentenza che nel suo complesso ha svanito la speranza non solo degli avvocati amministrativisti, ma anche di tutte quelle piccole e medie imprese (partecipanti agli appalti pubblici) le quali – spesso e per ragioni di costi – si trovano costrette a rinunciare a far valere le proprie ragioni avanti la giustizia amministrativa.

Alessia Fiore
a.fiore@studiolegaleaf.it